DEEP ECOLOGY – Articles in Italian
*L’UOMO: AL CENTRO DI CHE COSA?
* L’ECOLOGIA
PROFONDA E LA SCIENZ
*IL NUOVO PARADIGMA - di Guido Dalla Casa
*LA FORESTA - di Guido Dalla Casa
L’uomo: al centro di che cosa?
di Guido Dalla
Casa
Si sente
parlare solo di faccende umane, come se fossero staccate da tutto il resto,
come se fossero le uniche importanti e tutto il resto “un contorno” o, quando
va bene, “l’ambiente”. Addirittura ormai si parla quasi soltanto di economia.
Facciamo un rapidissimo excursus, attraverso qualche flash, su alcune “novità” degli ultimi
quattro secoli:
-
Copernico e Galileo: La Terra non è al centro, il Sole è
al centro dell'Universo.
-
Giordano Bruno: il Sole è una stella come le altre, non
è al centro di niente.
-
Lamarck e Darwin: Siamo animali, anche facilmente
classificabili.
-
Psicoanalisi (Freud e Jung):
L'uomo non è più padrone neanche di sé stesso.
-
Paleontologia: La durata di esistenza della nostra
specie è circa un millesimo della durata complessiva della Vita.
-
Heisenberg-Schroedinger-Bohr: La mente e la materia non sono
separabili, nè distinguibili.
-
Hoyle-Sciama e Cosmologia in genere: Siamo sul
terzo pianeta di una stella di media grandezza, lanciata nel braccio esterno di
una galassia qualunque, fra miliardi di altre galassie.
-
Prigogine-Bateson-Capra-Sheldrake:
I fenomeni mentali sono conseguenza di ogni complessità. La Mente è ovunque.
-
Lorenz-Goodall-Pepperberg-deWaal-Marchesini
e altri: Non ci sono differenze sensibili nel comportamento degli umani e degli
altri Mammiferi (e Uccelli, e altri esseri senzienti).
-
Genoma e DNA: la differenza fra noi e lo scimpanzé
bonobo è dell'ordine dell'uno per cento.
Ma allora,
gran parte dell'umanità è proprio dura di comprendonio!!
Novembre 2014
All people speak about human problems only, as they
were the “true” problems, and all the “remnant” were “environment”, all that is ”around”. Now, even only economics is the core subject (!!).
Let us make a very quick survey on last four centuries:
-
Copernicus
and Galileo:
the Earth is not the centre of the Universe, the Sun is on the centre.
-
Giordano
Bruno: the Sun is a star like many other stars, no centre
at all.
-
Lamarck
and Darwin:
we are animals, with an easy classification (Mammals – Primates)
-
Psychoanalisis
(Freud and Jung): Man/Woman is not master of him/herself.
-
Paleontology:
the lifespan of our species is about one/thousand compared with all Life’s.
-
Heisenberg-Schroedinger-Bohr: We cannot divide mind and
matter, nor separate them.
-
Hoyle-Sciama and
Cosmology: We are on the third planet of a middle-size star, quickly running on
an outer arm of a galaxy, similar to billion and billion of other galaxies.
-
Prigogine-Bateson-Capra-Sheldrake:
mental phenomena are a close consequence of any complexity. Mind is everywhere.
-
K.Lorenz-Goodall-Pepperberg-deWaal-Marchesini
and others: there are no peculiar differences in behaviour between mankind and other Mammals (and Birds, and
other sentient beings).
-
Genome
and DNA: the
distance between man and bonobo chimp is very, very
small, about one per cent.
What we still need to understand, and feel, what is
our place in Nature??
L’ECOLOGIA
PROFONDA E LA SCIENZA
di Guido Dalla Casa
(Movimento Italiano per
l’Ecologia Profonda)
Sommario
L’Ecologia Profonda non è una specie di “ritorno
alle origini” o una ”visione del mondo nostalgica”, anche se è presente in
molte culture umane del passato e tradizioni spirituali antiche, ma si basa
soprattutto sulle conoscenze che derivano da alcune tendenze della scienza
moderna, che non sono ancora riuscite a diventare “maggioranza” perché richiedono
un deciso cambio di paradigma, molto lontano da quello cartesiano-newtoniano
della scienza meccanicista oggi ancora imperante. Dopo un rapido excursus sulla
scienza degli ultimi due-tre secoli, cominciando dal pensiero di Galileo e
Newton, si passa ad esporre alcune tendenze più propriamente attuali, in cui si
evidenzia che il richiamo spirituale dell’Ecologia Profonda non è un rifiuto
della razionalità o una forma di misticismo, ma una visione del mondo che trae
le sue basi da: la Fisica Quantistica, la Biologia, l’Evoluzione, le Scienze
Naturali, la Dinamica dei Sistemi, gli studi sulla Mente, l’Ecopsicologia, le
ricerche sulla mente degli altri animali. Gli aspetti economici e politici del
nostro mondo attuale sono effetti secondari, conseguenze di un sottofondo
filosofico: l’economia è un piccolo dettaglio dell’ecologia e non viceversa,
come è evidente anche dalla scala dei
tempi molto diversa.
Premesse
Agli inizi della scienza moderna,
circa tre secoli fa, la fisica nacque sostanzialmente come meccanica,
soprattutto per opera di Newton. Il pensiero corrente della cultura occidentale
è ancora oggi in gran parte ancorato alla visione del mondo che consegue
dall’opera di Newton, sia per quanto riguarda i concetti di spazio e di tempo,
sia perché viene attribuita ai fenomeni una natura essenzialmente meccanica.
Inoltre, alla base della scienza “ufficiale”, cioè quella che viene divulgata,
sta il dogma che il mondo materiale è oggettivamente esistente, in modo del
tutto indipendente dal mondo mentale-spirituale: la scienza di Newton si
inquadra nell’accettazione incondizionata del dualismo cartesiano.
In altre parole, la scienza è nata
assumendo come premessa ovvia -
quindi senza alcuna garanzia dal punto di vista del metodo scientifico - una
particolare visione del mondo, che avrebbe dovuto essere considerata al massimo
come un’ipotesi di lavoro: invece è
stata forzatamente mantenuta fino ai giorni nostri, scartando tutti i fatti che
la contraddicevano.
La
scienza - nella sua versione ufficiale
- resta legata ancora oggi alla visione cartesiana-newtoniana da cui è nata.
Tutto l’universo, compresa la natura vivente sulla Terra, è assimilabile a una
gigantesca macchina smontabile e ricomponibile: come conseguenza, la natura è
priva di ogni rilevanza morale. L’uomo
non ne fa parte, ma è qualcosa di superiore. Così è nata l’aggressione alla
Natura, e quindi il problema ecologico.
E’ stato
detto che la metafisica di un’epoca deriva dalla fisica dell’epoca precedente:
in effetti oggi è vigente una visione del mondo meccanicista e materialista,
che consegue dalla fisica dell’Ottocento e non dalle idee d’avanguardia nate
nel secolo Ventesimo. La scienza stessa oppone fortissime resistenze ad ogni
modifica di paradigma, cioè del quadro generale in cui vengono interpretati
tutti i fenomeni.
La relatività
è stata in gran parte accettata, ma la fisica quantistica, la dinamica dei
sistemi e i fenomeni mentali sono ben lontani dal pensiero corrente, spesso
anche degli scienziati. Invece l’atteggiamento della nostra cultura verso il
mondo naturale potrebbe cambiare profondamente se il pensiero corrente
accogliesse qualche idea già oggi presente in queste nuove tendenze, per ora
minoritarie. Ad esempio, potrebbe
nascere un’etica che comprende tutto il mondo naturale; questo avrebbe una
grande influenza sul problema ecologico.
Riporto dal libro di Fritjof Capra Il punto di svolta (Ed. Feltrinelli, 1984):
In contrasto con la concezione
meccanicistica cartesiana del mondo, la visione del mondo che emerge dalla
fisica moderna può essere caratterizzata con parole come organica, olistica ed
ecologica. Essa potrebbe essere designata anche come una visione sistemica, nel
senso della teoria generale dei sistemi. L’universo non è visto più come una
macchina composta da una moltitudine di oggetti, ma deve essere raffigurato come
un tutto indivisibile, dinamico, le cui parti sono essenzialmente interconnesse
e possono essere intese solo come strutture di un processo cosmico.
La fisica
classica
Come
accennato, la premessa essenziale della fisica classica che ha resistito come un dogma fino quasi alla metà del
Ventesimo secolo è che esista un mondo reale e oggettivo di natura materiale
dotato di proprie leggi di funzionamento. Compito dell’osservatore è scoprire
queste leggi oggettivamente
esistenti. I fenomeni avvengono nello spazio e nel tempo, entità assolute,
indipendenti ed esistenti in sé.
Qualche
primo cedimento della visione puramente meccanica sembrò nascere già
nell’Ottocento con la termodinamica e l’introduzione del concetto di campo. Ma la termodinamica venne poi
spiegata come azione meccanica statistica-probabilistica e il campo si può
interpretare come un artifizio matematico, nato solo per consentire una
semplificazione del calcolo. La concezione meccanicista imperante ne uscì
praticamente rafforzata.
L’unica
novità che costituì nell’Ottocento un primo modesto indebolimento della
concezione meccanicista è stata la teoria della propagazione delle onde
elettromagnetiche (equazioni di Maxwell).
Per
quanto riguarda la costituzione della materia, la formulazione della teoria
atomica non fece che rafforzare la visione meccanicistica del mondo: c’erano 92
“palline” e con quelle era costituita tutta la realtà.
A
cavallo dei secoli 19° e 20° salta fuori la radioattività: gli atomi non sono
indivisibili, sono fatti a loro volta di protoni ed elettroni (in seguito,
anche neutroni). Le “palline” sono più piccole, ma non è cambiato niente: si
tratta sempre di particelle “elementari”, mattoni fondamentali che
costituiscono tutto l’universale. Anzi, sono soltanto di tre tipi.
La relatività
Con la relatività speciale (1905), spazio e tempo perdono la loro
esistenza indipendente ed assoluta, materia ed energia diventano
intercambiabili. Con la relatività
generale (1916) anche la gravitazione entra nel gioco e viene sostituita con
la “geometria dello spaziotempo”. Si
è ora in grado di formulare leggi fisiche valide in qualsiasi sistema di
riferimento, anche in moto accelerato, che viene assimilato a un campo
gravitazionale. La rivoluzione sembra notevole, ma siamo ancora ben legati alla
visione cartesiana. Materia ed energia sono state unificate, ma il dualismo
principale resta netto: c’è un mondo energetico-materiale oggettivo, che viene esplorato da una mente umana separata.
Inoltre si continua a considerare ovvia l’impenetrabilità dei corpi (cioè
il dualismo vuoto-pieno) e la logica
“A non è non-A”. Si continua a dividere ogni problema, ogni cosa, ogni processo
in parti, senza tener conto che qualunque suddivisione risente di qualche
“pregiudizio” e non può essere neutrale e valida universalmente. Le entità
non-quantificabili e non-misurabili sono ancora sostanzialmente negate.
Forse il pensiero corrente ha
accettato l’unificazione energia-materia, ma non è andato oltre. Sempre di
entità fisiche si tratta. La mente è un’altra cosa: essa indaga dall’esterno il mondo fisico oggettivo. La mente è sempre soltanto umana: solo qualche “coraggioso” osa
attribuirla anche ad esseri individuali
dotati di sistema nervoso centrale, come gli altri mammiferi superiori.
L’etica riguarda sempre soltanto chi è “dotato
di mente”, cioè gli umani.
Siamo arrivati
così ai primi decenni del ventesimo secolo, quando siamo alle soglie di un
cambiamento ancora più radicale, tuttora in corso.
La fisica
quantistica
Come
noto, nel 1927 Werner Heisenberg formulò il suo famoso “principio di indeterminazione”,
che inizialmente riguardava la posizione e la quantità di moto di una
particella. Le due grandezze non sono determinabili esattamente entrambe: in altre parole se vogliamo
definirne una, l’altra è completamente indeterminata. Solo l’osservazione
“sceglie” la grandezza da conoscere. Il principio si applica anche ad altre
coppie di grandezze, fra cui la coppia energia-tempo: se fissiamo un istante esatto, cioè vogliamo che sia nulla
l’indeterminazione del tempo, la “particella”
presenta una massa-energia totalmente indeterminata, il che significa
che non è niente di definibile in alcun modo. Siamo di fronte ad entità il cui
contenuto mentale è a malapena celato dal linguaggio matematico.
Attorno
agli anni Trenta ci furono diversi dibattiti fra i fisici, che culminarono in
quella che venne poi chiamata “l’interpretazione
di Copenhagen”, in base alla quale l’indeterminazione non deriva da una
limitazione dei nostri strumenti o dei nostri sensi, ma è una caratteristica
del mondo, è nella natura delle cose. Non si può separare il fenomeno
dall’osservazione, non esiste alcuna realtà oggettiva. Il dualismo
mente-materia è scomparso: non si possono separare.
Come
noto, Erwin Schroedinger arrivò agli stessi risultati di Heisenberg e riuscì a
formulare l’equazione che porta il suo nome: si tratta di un’equazione
differenziale che descrive l’andamento nel tempo della probabilità di trovare una “particella” in una determinata
posizione. E’ qualcosa di piuttosto evanescente e sfumato, ma comunque siamo
ancora in grado di descrivere un andamento nel
tempo. E’ l’osservazione che fa “collassare” la probabilità in “certezza”:
in un certo senso siamo di fronte al tentativo di ridare importanza all’uomo,
dopo tre o quattro secoli dalla rivoluzione copernicana. Per qualcuno si è
tornati all’antropocentrismo, con una sorta di megalomania dell’osservatore. In
questa direzione sorgerà più tardi anche il principio
antropico, in base al quale sembra che l’universo sia fatto per l’uomo: tuttavia il ragionamento si può ripetere anche per
la marmotta, una montagna o un torrente. Ciascuna entità può vedere l’Universo
come “fatto per sé”.
Inoltre, l’indeterminazione applicata
al binomio massa-tempo (o energia-tempo) portò a formulare il concetto di vuoto quantistico: non esiste alcuna
particella né entità stabile, c’è solo una specie di vacuità creativa, una
danza di energie che continuamente nascono nell’essere e svaniscono nel nulla.
Il dualismo vuoto-pieno è scomparso.
“A” e ”non-A” possono coesistere. Non
esiste alcun “mattone fondamentale” della materia.
La sistemica e
gli esseri collettivi
Nella
seconda metà del Novecento lo studio della dinamica
dei sistemi portò a formulare le
idee di sistema complesso e di essere collettivo. In particolare, un
sistema che abbia un certo grado di complessità si evolve in modo da divenire completamente imprevedibile, anche in linea di principio: infatti si
trova ben presto in qualche biforcazione-instabilità, dopo la quale prenderà
vie completamente diverse anche per
variazioni infinitamente piccole
nella storia precedente. La sua
evoluzione non è prevedibile neanche in termini probabilistici.
Dopotutto, anche l’equazione di
Schroedinger descrive l’andamento di “qualcosa” (una probabilità) che si evolve
nel tempo e quindi consente una “previsione”: invece, con il nuovo approccio,
il sistema diventa completamente imprevedibile e indeterminato anche in linea
teorica, dopo un tempo finito.
Tornando
alla fisica quantistica, l’osservazione fa parte del sistema: è una
biforcazione-instabilità nel sistema stesso. La megalomania dell’osservatore è
scomparsa (Prigogine). Ne consegue
una considerazione interessante: la
mente è pressoché onnipresente nei fenomeni naturali. E’ forse superfluo
ricordare che la mente non comporta necessariamente la coscienza, ma questo non ci turba per niente dopo un secolo di
psicoanalisi.
Dal libro di Fritjof Capra Verso una nuova saggezza (Ed.
Feltrinelli, 1988): Secondo
Bateson la mente è una conseguenza necessaria e inevitabile di una certa
complessità, la quale ha inizio molto tempo prima che degli organismi viventi
sviluppino un cervello e un sistema nervoso superiore. Egli sottolineò anche
che caratteristiche mentali sono manifeste non solo in singoli organismi, ma
anche in sistemi sociali e in ecosistemi, che la mente è immanente non solo nel
corpo ma anche nelle vie e nei messaggi fuori dal corpo. Una mente senza un
sistema nervoso? La mente si manifesterebbe in tutti i sistemi che soddisfano
certi criteri? La mente sarebbe immanente in vie e messaggi fuori dal corpo?
Queste idee erano così nuove per me che, a tutta prima, non riuscii a dar loro
un senso. La nozione di mente di Bateson non sembrava aver nulla a che fare con
le cose da me associate alla parola “mente”.
Se preferite, non è un sistema di energia-materia che si evolve,
ma un ente ternario Mente-Energia-Materia. La mente è ovunque. Questo porta a concezioni non-antropocentriche, ad un sottofondo
di pensiero animista-panteista.
Un esempio tipico di sistema
complesso è l’atmosfera terrestre: infatti i fenomeni atmosferici sono
completamente imprevedibili, anche solo in linea di principio, dopo tempi molto
limitati, a causa del cosiddetto effetto-farfalla,
che corrisponde alla “scelta” del sistema in una biforcazione-instabilità. Il battito d’ali di una
farfalla nella campagna inglese può causare un ciclone nei Caraibi.
L’emergenza del fenomeno mentale
nell’evoluzione di un sistema fa cadere il feticcio della riproducibilità: il sistema complesso, anche con tutte le premesse
e le predisposizioni fisiche energetiche-materiali identiche, ha in generale
andamenti diversi caso per caso. Il
concetto di “condizioni rigidamente controllate” perde ogni significato.
Parlare di caso quando un sistema prende una via o l’altra in una
biforcazione-instabilità e parlare di scelta
o volontà o libero arbitrio quando
c’è di mezzo il cervello umano è
soltanto conseguenza di un pregiudizio culturale. In realtà non c’è alcuna
differenza e possiamo benissimo dire che il sistema sceglie la via fra le varie possibilità: in tal mondo riconosciamo
una psiche immanente in ogni processo. Il sistema sceglie uno dei suoi futuri
possibili. La creazione non è più
qualcosa avvenuta in un lontano passato, ma un processo immanente continuo.
Negli ultimi decenni, soprattutto per opera del gruppo condotto da Ilya
Prigogine, lo studio delle “strutture dissipative” in stato stazionario ha
mostrato che in situazione di non-equilibrio si manifesta un “desiderio” di
creare strutture, una spinta alla diversificazione e alla creazione:
l’organizzazione si manifesta spontaneamente. I sistemi viventi sono casi
particolari molto vivaci di strutture dissipative. Nella fisica classica le
leggi di natura erano considerate rigide, mentre ora diventano probabilistiche
ed esprimono ciò che è probabile e non “certo”. Contengono sempre un certo
grado di libertà, di “libero arbitrio” o di aspetto mentale.
Seguendo questa scuola di pensiero, ci
troviamo in un mondo naturale fatto di entità mentali, senza alcun confine
preciso: le entità umane sono solo componenti. In tal modo l’etica deve riguardare tutta la Natura.
Qualche esempio
Esistono numerosi esperimenti rigorosi da cui risulta che,
anche isolando e schermando al loro interno gruppi di termiti di un termitaio da tutti i campi conosciuti possibili, quegli insetti sono in grado di realizzare la
struttura del termitaio con precisione ultramillimetrica, da ogni parte degli
schermi. E’ come se esistesse un unico piano ben preciso, non supportato da
nessun campo energetico di alcuna natura. Inoltre ogni termite percepisce istantaneamente qualsiasi turbativa
venga data al termitaio a qualunque distanza si trovi e al di là di qualsiasi
tipo di schermatura. E ciò accade anche se le singole termiti provengono in
origine da termitai diversi, purchè, al momento dell’esperimento, il nuovo
termitaio - come entità - sia già
stato costituito. L’ipotesi più logica è semplice: il termitaio ha (o è) una mente. In altri termini: le termiti di un termitaio sono emotivamente collegate da continui scambi telepatici istantanei.
La scienza ufficiale cartesiana se la cava dando l’etichetta di misticismo a ciò che contraddice le sue
premesse dogmatiche.
Il
termitaio è solo un esempio che si
può applicare a tante altre entità,
come una specie, una cultura, un ecosistema, una società, una cellula, un
albero, la Biosfera.
Un
ecosistema è un sistema complesso dotato di mente. E’ per questo che essere
immersi in una foresta naturale ci dà una notevole emozione: c’è uno scambio
mentale-emotivo. Forse va interpretato in questo senso anche il tentativo di
molte culture native del continente americano di immettersi nel sistema
atmosferico, complesso e quindi mentale,
per ottenere precipitazioni attraverso la danza della pioggia, che
naturalmente qualche volta riusciva e qualche volta no.
La
Biosfera
Per usare il
linguaggio della teoria dei sistemi,
un essere vivente è un sistema che si mantiene in situazione stazionaria
lontana dall’equilibrio termodinamico. In altre parole, vive finché un flusso di energia lo attraversa continuamente senza
che si alterino le sue condizioni generali, se si trascurano le piccole
oscillazioni: la Biosfera nel suo
complesso si comporta come un unico organismo
vivente, anche se in generale su tempi molto lunghi. Se si considerano tempi dell’ordine di decenni, o
secoli, e non geologici, la Terra è stazionaria: il problema sta nel fatto che
le modifiche causate dallo sviluppo economico nei cicli naturali hanno velocità
dieci-centomila volte più grandi di quelle normali, che consentono alla vita di
adattarsi gradualmente alle nuove situazioni.
La crescita
economica continua è un processo che impedisce il funzionamento della Biosfera
perché ne disarticola i cicli: è quindi un fenomeno impossibile. Un’economia complessivamente in crescita può soltanto essere un transitorio, un fenomeno
patologico che - se non arrestato rapidamente - porta necessariamente verso un
punto “di collasso”.
Anche
l’idea che lo sviluppo economico costituisca sempre un miglioramento non ha validi fondamenti: è probabile che,
se si potesse disegnare un diagramma che riporta l’andamento del benessere
psicofisico (anche soltanto umano, o di una particolare cultura) in funzione
dei consumi materiali o degli oggetti a disposizione, non si avrebbe una
funzione sempre-crescente, ma una specie di curva a campana. Ad una certa
quantità di beni materiali la funzione raggiunge un massimo: il corrispondente
valore di consumi è già stato abbondantemente superato in tutto il mondo occidentale.
Un ulteriore aumento peggiora la qualità della vita. Se poi mettiamo in conto
anche la bellezza del mondo e il benessere degli altri esseri senzienti, la
situazione si aggrava ulteriormente.
Ci si può
rendere conto di questo fatto se si pensa a una qualunque località rivisitata a
distanza di qualche decennio: la si troverà inesorabilmente peggiorata, sia sul
piano naturale, sia dal punto di vista estetico ed umano.
E’ forse superfluo ricordare il totale
fallimento sul piano ecologico dello “sviluppo di Stato” un tempo perseguito
nell’Est europeo, in cui il materialismo era addirittura portato al rango di
metafisica ufficiale.
Economia e popolazione umana
Il
sistema economico, cioè il processo produrre-vendere-consumare, si può
ricondurre ad un unico parametro: il denaro. Il sottosistema economico non può
integrarsi in un sistema complesso come la Biosfera, in stato stazionario e con
un gran numero di variabili. La crescita economica in sostanza impedisce
l’omeostasi della Biosfera, che perde la sua capacità di mantenersi in
condizioni vitali. In un sistema vivente questo significa la morte. A maggior
ragione, se pensiamo che il sistema economico debba essere in crescita continua, la fine è sicura.
Un sistema economico in crescita permanente
può essere solo un breve transitorio, un fenomeno patologico della Biosfera che
conduce ad un punto di collasso. Questa è una posizione ottimistica: il vero
pessimismo è pensare che la crescita continui per lungo tempo, perché questo
significherebbe un mondo terribilmente degradato. L’uomo non evita mai le
catastrofi, ne guarisce: speriamo che sia vero.
E’ davvero sorprendente notare che
ci sono pochissime ricerche su un problema come quello del numero massimo di
umani che la Terra può supportare: come esempio, nel libro Assalto
al pianeta di Pignatti e
Trezza (Bollati Boringhieri, 2000) il
numero massimo è valutato in meno di due miliardi di individui, in accordo con
uno studio precedente dell’Università Cornell. In uno scenario del noto
rapporto I limiti dello sviluppo
(1972) era possibile raggiungere uno stato stazionario soltanto se la
popolazione umana si fosse stabilizzata attorno all’anno 1975, che corrisponde
a un numero di umani di tre-quattro miliardi con un livello di consumi
pro-capite minore di quello attuale. Sette miliardi di umani possono restare
sul Pianeta solo per tempi molto limitati, perché vivono solo “divorando la
Terra”.
Il libero
arbitrio
L’idea tradizionale, propria delle
istituzioni religiose nate nell’area medio-orientale e di una corrente della
scienza, è che l’uomo sia dotato di libero arbitrio, mentre il resto del mondo
naturale (compresi tutti gli altri animali!) sarebbe soggetto alle rigide leggi
fisiche. Un’altra corrente della scienza “ottocentesca” (il determinismo)
non lascia alcuna libertà a nessuno.
Penso che si tratti di posizioni piuttosto insostenibili.
Secondo una corrente attuale del pensiero
scientifico-filosofico c’è qualche segno di libertà in tutti i processi
naturali: ci sarebbe un po’ di libero arbitrio ovunque, anche se in quantità
diverse.
Ogni
entità naturale, ogni processo, ogni sistema complesso, ha un suo grado di
libertà, potendo scegliere la via da prendere ad ogni biforcazione-instabilità.
Il fatto di attribuire “al caso” la via presa dal sistema dopo la biforcazione
o “a una libera scelta” quando c’è di mezzo il cervello umano, è soltanto un
pregiudizio culturale.
Solo la
quantità di tale facoltà è diversa da caso a caso. Secondo la visione detta
“del cane al guinzaglio”: tutte le entità (noi compresi) hanno un guinzaglio, più o meno lungo, in
mano alle forze sistemiche, che non sono soltanto fisiche o
energetico-materiali, ma anche mentali. Per usare un’espressione di Bateson:
“…Se
volete, potete chiamare Dio le forze sistemiche.”
Il cane
può talvolta far cambiare completamente direzione a chi tiene il guinzaglio, se a un bivio si dirige da una
parte piuttosto che dall’altra.
Come
esempio, il grado di imprevedibilità che si manifesta in diverse comunità di insetti,
di mammiferi o di uccelli, non è molto diverso da quello dei gruppi umani.
Inoltre le società di molte specie sono notevolmente strutturate. Ma anche
molti sistemi complessi non viventi presentano notevoli gradi di
imprevedibilità.
Comunque, se c’è qualche differenza fra umani
e altri animali, è di natura quantitativa. L’uomo è un animale: anche l’etica
deve tenerne conto quando si occupa degli altri esseri viventi, e senzienti.
Una nuova Etica
Seguendo le scuole di pensiero sopra accennate,
ci troviamo in un mondo con entità mentali, senza alcun confine preciso, di cui
gli umani sono solo componenti: quindi l’Etica deve riguardare tutta la Natura.
Questa idea è presente in molte filosofie di origine indiana (Buddhismo e Jainismo), dove l’etica riguarda non soltanto gli umani, ma anche
gli altri esseri e le entità naturali. L’emergenza di fenomeni mentali rende un
sistema complesso degno di considerazione etica.
Gli altri viventi, una foresta, una
palude, un termitaio, una specie sono entità dotate di mente: partendo da un
altro approccio, già lo psichiatra junghiano James Hillmann (Autore, fra molti altri libri, di Politica della bellezza e Il piacere di pensare) parlava della nostra immersione nell’Anima del mondo.
L’etica
richiede una sorta di empatia verso tutte le entità naturali.
E’
evidente che si può parlare di mente associata al sistema totale, ovvero a tutta la Biosfera: abbiamo così ritrovato l’idea
di Gaia già teorizzata da altri
scienziati (Lovelock, Margulis, Sheldrake). E’ chiaro che ci siamo portati su posizioni ben lontane
dall’idea tradizionale dell’uomo che studia dall’esterno e manipola a suo
piacimento un mondo fatto di materia-energia. La distinzione fra mondo
energetico-materiale, al servizio della nostra specie, e mondo
mentale-psichico-spirituale, che un tempo era considerato - nella cultura
occidentale - come esclusiva umana, si è dissolta. Qui siamo molto lontani
anche dall’idea che la mente sia soltanto “il prodotto” di un sistema nervoso
centrale. “…E Gregory ammise che la Mente associata al Sistema Totale era
molto simile all’idea di un Dio immanente” (da un libro di Fritjof Capra).
Ma la mentalità corrente e il mondo
ufficiale restano su una posizione “ottocentesca”, quella di un universo
meccanico in cui solo l’essere umano, dotato di mente-anima, ha diritto a
considerazione morale!
Invece
il filone di pensiero che abbiamo seguìto ci dà la speranza di ritrovarci in un
mondo che riscopre lo spirito dell’albero, della palude, del torrente.
L’etica del lavoro e l’etica della Terra
Di solito nel nostro mondo si è formata l’idea che il
lavoro sia sempre qualcosa di positivo, da premiare indipendentemente da ogni
altra considerazione.
Così si pensa che chi lavora di più debba automaticamente
guadagnare di più, che in sostanza sia più
bravo di chi lavora di meno: il lavoro ha acquistato un valore etico in sé,
anche se si tratta di lavoro che danneggia l’intero Organismo terrestre o
contribuisce a qualche patologia della Biosfera. Solo recentemente si è
cominciato a considerare negativa almeno la produzione di sostanze inquinanti,
limitando però l’esame ad ogni singolo processo locale, come se fosse possibile
isolarlo.
Non si è mai tenuto come valore etico
il mantenimento in condizioni vitali della Biosfera terrestre, oppure degli
ecosistemi di cui il processo fa parte. Non si è neppure considerato il danno,
se non in tempi recentissimi e limitatamente a specie rare, arrecato ad altre
specie viventi o a processi naturali. In sostanza, è mancata la percezione
della non-separabilità di ogni processo lavorativo umano dall’ecosistema
globale. E’ invece indispensabile avere sempre presente questa percezione,
tenere come primo valore l’etica della
Terra.
L’Ecopsicologia
Alla fine
del ventesimo secolo ha cominciato a delinearsi una disciplina nuova, che
collega il malessere esistenziale umano alla degradazione dell’Ecosistema
terrestre e riconosce che anche la psiche umana è un prodotto della Terra. Noi
siamo la Terra!
Il
collegamento fra la mente collettiva, gli stati psichici individuali e la
condizione ecologica è molto reale, anche se ben pochi ci hanno mai pensato,
almeno per ora.
Le sue
applicazioni concrete sono un arricchimento con nuovi spunti di riflessione,
nuove forme di divulgazione della sensibilità ecologica nelle scuole, nella
formazione aziendale, nelle associazioni e in ambiti comunitari e
ricreazionali.
Sintetizzando alcuni pensieri di Joanna
Macy, che è una delle fondatrici della nuova disciplina, possiamo dire che:
- Il nucleo della mente è l’inconscio ecologico. La
repressione dell’inconscio ecologico è la radice profonda della follia insita
nella società industriale. Ritrovare l’accesso verso l’inconscio ecologico vuol
dire ritrovare la via verso la salute psicofisica dell’individuo, della società
e dell’ecosistema;
- Siamo parte integrante del mondo in cui viviamo
tanto quanto i fiumi e gli alberi, intessuti dello stesso
intricato flusso di materia-energia-mente.
Intervista a
Konrad Lorenz
Einstein diceva che è più
facile spezzare un atomo che un luogo comune. Chi mai riuscirà a spezzare il
luogo comune che nega agli animali non solo l’intelligenza, ma anche la
capacità di soffrire o di amare? Dinanzi al commovente episodio del gorilla che
accarezza il bambino caduto nella sua gabbia non si sa fare altro che parlare
di istinto, come se le scimmie fossero degli automatismi per la salvaguardia
dei ragazzini sbadati. E se nella gabbia fosse caduto un adulto, per esempio un
teologo o un filosofo dell’istinto, il gorilla si sarebbe comportato in maniera
altrettanto gentile?
Ho conversato a lungo, su questi
argomenti, con Konrad Lorenz, padre dell’etologia moderna. Alla domanda se
anche gli animali siano consapevoli, con il tono passionale e affascinante che
lo distingue, risponde: “Nessuna persona
seria dovrebbe dubitare di questo. Sono pienamente convinto, dico pienamente,
che gli animali hanno una coscienza. L’uomo non è il solo ad avere una vita
interiore soggettiva”. E aggiunge che l’uomo è troppo presuntuoso, troppo
preso di sé. Naturalmente, dice ancora il grande scienziato, il fatto che gli
animali abbiano una coscienza “solleva
dei problemi”. Forse l’uomo ha paura di fare altri passi in questa logica:
riconoscendo una vita interiore agli animali, sarebbe costretto a inorridire
per il modo con cui li tratta.
Lorenz mi ha parlato anche
dell’infallibilità con cui gli animali conoscono subito le intenzioni di chi
sta loro di fronte. Ma non c’è bisogno di scomodare tanta autorità, per
commentare l’episodio del gorilla in questione. Solo una mente rozza o malata
di dogmatismi, potrebbe dubitare delle buone intenzioni dell’animale. E i cani
di Vienna, compresi quelli di Lorenz, non sono mai minacciosi per istinto o
perché capiscono che la gente li ama e non farebbe loro mai del male?
In fondo l’etologia va confermando
quello che Giordano Bruno aveva intuito con il suo genio filosofico, e cioè che
tutti gli esseri viventi sono fenomeni diversi di un’unica sostanza universale.
Traggono dalla stessa radice metafisica e la loro differenza è quantitativa non
qualitativa o, per usare il linguaggio di Kant, fenomenica non noumenica.
L’intelletto, che serve a intuire la relazione delle cose tra di loro, è
comune, sia pure proporzionato ai bisogni, a tutti gli esseri viventi. Questo
insegnano i grandi pensatori, a incominciare da Schopenhauer, e questo
sostiene, in ultima analisi, Lorenz.
Sarebbe pura cecità considerare
l’uomo come qualche cosa di completamente avulso dal resto del regno animale.
La scoperta che gli animali mentono - per esempio i gracchi alpini e corallini,
ma Lorenz mi ha parlato anche di altri animali - e quindi sono capaci di
astrazione ha fatto cadere perfino il dogma che solo l’uomo avesse la facoltà
di riflettere in abstracto.
La filosofia occidentale è troppo
impregnata di teologia. Lo riconosceva perfino Nietzsche, che pure parlava e
predicava come un prete capovolto. Il male è già all’inizio: “Crescete e moltiplicatevi, e popolate la
terra, ed assoggettatevela, e signoreggiate i pesci del mare e i volatili del
cielo, e tutti gli animali che si muovono sulla terra.” Signoreggiate, cioè opprimete, tormentate e
uccidete tutti gli altri esseri viventi: parla così, un Dio? E non poteva anche
risparmiarsi queste parole, dopo aver creato un essere malvagio come l’uomo?
Lorenz, sia pure dopo una disamina di carattere storico, definisce “satanico” un simile comandamento.
Quale penoso contrasto con le
sublimi parole che Buddha rivolse al suo cavallo quando lo lasciò libero: “Và!
Anche tu, un giorno, sei destinato al nirvana”.
Questo episodio faceva tremare di
commozione Schopenhauer e Wagner, ma non impressiona minimamente la corteccia
cerebrale dei nostri filosofi-teologi. A loro è più congeniale Cartesio, che
considerava gli animali delle semplici macchine.
Vicino
a Lorenz si respira meglio sia scientificamente che moralmente. Proprio perché
ha scandagliato come nessun altro la vita interiore degli animali, sa anche
quale responsabilità morale questo comporti…. (Anacleto Verrecchia, “La Stampa”, 8 settembre 1986)
Studi recenti
sulla mente animale
I brani
che seguono sono riportati dall’articolo “Minds of their Own – Animals are smarter
than you think” (La loro mente –
Gli animali sono più intelligenti di quanto crediate) di Virginia Morell,
pubblicato sul numero di marzo 2008 del National Geographic, sulla cui
copertina l’articolo è annunciato con il titolo “Inside Animal Minds” (Nella
mente animale).
L’articolo è una sintesi dei risultati di
trent’anni di studi sulla mente, sul comportamento e sulle capacità di
apprendimento di molti esseri senzienti non-umani da parte di Irene Pepperberg
ed altri scienziati. La Pepperberg iniziò il suo progetto nel 1977: si portò in
laboratorio un pappagallo africano di nome Alex con l’intento di insegnargli la
lingua inglese.
“Quando
la Pepperberg cominciò a dialogare con Alex, che è morto a 31 anni lo scorso
settembre, erano molti gli scienziati che credevano che gli animali non fossero
in grado di pensare. Gli animali erano macchine, robot, programmati per reagire
in modo elementare a stimoli esterni, ma non erano in grado di pensare né di
provare emozioni”.
Ancora
trent’anni fa, dopo quasi due secoli che conoscevamo l’Unità della Vita e sapevamo qual’è la posizione della nostra
specie nel mondo naturale, erano diffuse idee simili! Ma leggiamo qualche brano
dell’articolo:
“Alex contava,
riconosceva colori, forme e dimensioni, aveva un’elementare nozione del
concetto di zero”.
“Per
Alex le mele hanno un sapore simile alle banane, ma somigliano alle ciliegie;
così si è inventato questo nome: ci-nana”.
“Gli
scimpanzé, i bonobo e i gorilla sono capaci di apprendere il linguaggio dei
segni e di utilizzare simboli per comunicare con noi. Il bonobo Kanzi porta con
sé una lavagna piena di simboli
che gli permette di “parlare” ai
ricercatori, e ha inventato, per esprimersi, nuove combinazioni simboliche”.
“Azy
(un orango) ha una ricca vita interiore. Cognitivamente gli oranghi sono sullo
stesso piano delle scimmie africane, e in certi compiti le superano. Oltre a
comunicare i suoi pensieri con i simboli di una tastiera, Azy mostra anche una
“teoria della mente” (cioè comprende il punto di vista di un altro), e fa
scelte logiche che dimostrano una notevole flessibilità mentale”.
“Le
pecore, come i primati, sanno riconoscere facce diverse (circa 50 pecore e 10
umani) e le ricordano per due anni”.
“Oggi
un ampio numero di studi indica che l’intelligenza è una dote flessibile, e le
sue radici nel mondo animale sono estese e profonde”.
“Non
siamo i soli a saper inventare, a pianificare le nostre azioni, ad avere
un’immagine di noi stessi; e neppure i soli a mentire e ingannare”.
“L’intelligenza
è un albero dalle mille ramificazioni: non ha un tronco unico che punta solo
nella nostra direzione”.
“Dotati
di un grosso cervello e agili tentacoli, i polpi sanno bloccare le loro tane
con delle rocce, e si divertono sparando acqua a bersagli come bottiglie di
plastica o ai ricercatori”.
“Kanzi, un
bonobo, da piccolo ha imparato a comunicare spontaneamente osservando gli
scienziati che addestravano sua madre. A 27 anni, questo bonobo “parla” grazie
a più di 360 simboli di tastiera, e capisce il significato di migliaia di
parole dette a voce. Kanzi sa formulare delle frasi, eseguire nuove istruzioni,
e fabbricare strumenti di pietra, cambiando tecnica a seconda della durezza del
materiale. Crea strumenti come quelli dei primi umani”.
“Le
ghiandaie sanno ragionare: sapendo di essere ladre, spostano le provviste di
cibo se un’altra ghiandaia le osserva; pianificano i pasti futuri, e nel fare
provviste tengono conto dei bisogni futuri piuttosto che della fame del
momento”.
“I delfini
hanno ottima memoria, estro creativo e capacità linguistiche; sono versatili,
sia dal punto di vista cognitivo che comportamentale. Hanno un grande cervello
generalista, proprio come noi. Modificano il proprio mondo per rendere
possibili nuove cose”.
Un pinguino
Nel corso del 2007 un pinguino di Magellano, inanellato presso la Terra del Fuoco, è stato ritrovato presso una colonia di pinguini di Humboldt, sulle coste del Perù, cinquemila chilometri più a Nord. Quel pinguino ha nuotato per cinquemila chilometri! La notizia era all’interno di un quotidiano, che nelle prime pagine era pieno delle solite fesserie umane. L’articolo diceva che probabilmente il pinguino “si era perso”. La notizia era presentata come una “curiosità” o una cosa “strana”, come al solito. I mezzi di informazione presentano quasi sempre i fatti che manifestano una non-discontinuità di comportamento fra la nostra e le altre specie come “incredibili”!
E’ invece perfettamente logico che gli altri esseri senzienti più simili, in particolare mammiferi e uccelli, abbiano comportamenti che richiamano quelli umani.
I pregiudizi culturali, che mantengono un assurdo e ingiustificato abisso fra la nostra specie e gli altri animali, sono davvero duri a morire, e gli scienziati meccanicisti-cartesiani non sono da meno. La spiegazione più logica è che il pinguino era un esploratore, aveva saputo dai suoi genitori e nonni che i loro antenati avevano risalito la corrente di Humboldt fino alle coste del Perù e alle isole Galapagos, dove avevano dato origine a due nuove specie (o sottospecie): era andato a cercare i discendenti di quegli antenati, partiti qualche milione di anni prima, e poi differenziati con la lontananza prolungata. Ma si fa così fatica a pensare una cosa così logica? Occorre sempre pensare all’”istinto” o all’ipotesi che “si era perso”? Come disse Einstein, “e’ più facile spezzare l’atomo che un pregiudizio”. Sostenere poi che l’uomo ha “l’intelligenza” mentre gli altri animali hanno soltanto “l’istinto” è una vera e propria amenità, forse ancora oggi sostenuta da qualche istituzione.
Sacralità della Terra
Un’idea di fondo della nostra civiltà è
quella che competizione e selezione siano una specie di “molla del progresso”,
il solo modo con cui procede l’evoluzione. Quando, nel diciannovesimo secolo,
comparve in Occidente l’idea dell’evoluzione biologica, furono messi in
evidenza soprattutto la lotta per la vita e la sopravvivenza del più adatto. Ma
la novità essenziale doveva essere la completa appartenenza della nostra specie
alla Natura, con la necessità di conformarsi ad Essa. L’accento sulla
sopravvivenza del più adatto come fattore di progresso non era un’evidenza
biologica, ma una richiesta della nascente civiltà industriale. Alcuni studi
recenti di Lynn Margulis hanno
evidenziato che l’evoluzione è stata soprattutto il frutto della cooperazione
fra esseri unicellulari per un miliardo di anni. Competizione e selezione sono
soltanto un fattore fra tanti.
Oltre che essersi posto al di fuori e al di sopra
della Biosfera, l’uomo occidentale ha
tolto l’Anima al Mondo. Ma, come abbiamo visto, anche nella nostra cultura,
alcuni pensatori hanno ampliato il concetto di mente fino a renderlo indipendente da un sistema nervoso centrale:
la mente diventa semplicemente la conseguenza di un certo grado di complessità.
Lo psichiatra junghiano James Hillmann
parla spesso dell’Anima del Mondo. Queste
idee sono poco diffuse. Ma le religioni potrebbero avere un influsso ben più
grande sulle masse di quanto possa fare il pensiero di qualche isolato
filosofo. Uno dei compiti principali delle religioni dovrebbe essere quello di
dare visioni del mondo e prescrizioni etiche che non riguardano solo problemi a
breve scadenza o questioni umane, ma soprattutto indicare come mantenere la
Terra in buona salute: questo non può essere un compito della politica o di
istituzioni “pratiche”.
Le religioni dovrebbero diffondere l’empatia e l’amore
verso gli esseri senzienti, cioè verso tutte le entità naturali, e non
preoccuparsi troppo di stabilire qual’è “la verità”. Una citazione da un libro di Sheldrake:
Che
cosa cambia se consideriamo la natura viva piuttosto che inanimata? Primo,
mettiamo in crisi le ipotesi umanistiche su cui la civiltà moderna è basata.
Secondo, instauriamo un rapporto diverso con il mondo naturale e acquistiamo
una prospettiva diversa della natura umana, Terzo, diventa possibile una nuova
sacralizzazione della natura.
(Rupert Sheldrake, La rinascita della Natura)
Da quanto
detto sopra, è evidente che, per avere un profondo senso del sacro, non è
necessaria l’idea occidentale di un Dio personale
ed esterno al mondo, che si occupa solo degli umani, come nelle tradizioni
nate nel Medio Oriente.
La religione è
una caratteristica umana?
Lascio la parola
a Jane Goodall, che ha trascorso 40 anni con gli scimpanzé:
Nel profondo
della foresta di Gombe c’è una spettacolare cascata. Talvolta, mentre gli
scimpanzé si avvicinano e il rombo dell’acqua che cade si fa più intenso, il
loro passo si affretta, i peli si rizzano dall’eccitazione. Quando raggiungono
il corso d’acqua mettono in atto scene magnifiche, alzandosi in piedi,
ondeggiando ritmicamente da un piede all’altro, sbattendo le zampe nell’acqua
bassa e in corsa, raccogliendo e lanciando grosse pietre. A volte salgono sulle
liane che penzolano dall’alto e fanno l’altalena fra gli spruzzi dell’acqua che
cade. Questa “danza della cascata” può durare dieci o quindici minuti,
dopodiché può accadere che uno scimpanzé si sieda su una roccia, con gli occhi
che seguono il percorso dell’acqua. Che cos’è, quest’acqua? Continua ad arrivare,
continua ad allontanarsi, eppure c’è sempre.
Probabilmente gli scimpanzé provano un’emozione simile a una meraviglia
o ad un riverente rispetto. Se hanno un linguaggio parlato, se possono
discutere delle emozioni che innescano queste magnifiche scene, ciò significa
che hanno una religione animistica “primitiva”.
La
cascata è sempre stato il luogo più spirituale di Gombe, e ora sappiamo che era
considerata un luogo sacro dal popolo che vi viveva un tempo, un luogo in cui
gli uomini-medicina eseguivano cerimonie una volta all’anno. Mi
chiedo se non abbiano mai osservato, come rapiti, le danze selvagge degli scimpanzé.
Conclusioni
L’evoluzione
del pensiero che abbiamo seguito scegliendo una certa sequenza di idee che ci
ha allontanato sempre più dalla visione cartesiana, cioè dall’Occidente degli
ultimi tre secoli, e tutto ha avuto origine nel metodo scientifico, che è il
più accettato dall’Occidente stesso.
Il cambiamento può essere riconosciuto nella
sequenza: Relatività–Fisica quantistica – Indeterminazione – Dinamica dei
sistemi complessi – Mente degli esseri senzienti.
Il mondo non è un orologio, ma un grande
Pensiero, dove imperano l’instabilità, le biforcazioni e l’effetto-farfalla. Il
mondo è creativo, imprevedibile e indeterminato, come il Grande Spirito.
Qualunque entità, qualunque processo ha il suo grado di libertà. La concezione
che tutta la Natura è anche Mente, che richiama le idee animiste-panteiste di
molte culture umane del passato, è incompatibile con l’attuale civiltà industriale,
in cui si richiede una manipolazione di materia “inerte”. Un’entità ternaria,
mente-energia-materia, si evolve senza leggi prefissate: è la Natura stessa. Possiamo
avere molte scale di valori, ma al primo posto dobbiamo mettere la vita della
Biosfera, da cui dipendiamo. L’etica della Terra non è solo una visione
filosofica, ma la necessità di tenere in buona salute l’Organismo cui
apparteniamo, insieme alle altre specie, agli ecosistemi, al mare, ai fiumi e
alle montagne.
Oggi sappiamo
cosa è l’uomo: è un animale, completamente integrato nei cicli della Natura: si
alimenta, cresce, ha figli e muore come tutti gli altri mammiferi. Anche il suo
comportamento è molto simile. La differenza di informazione genetica fra l’uomo
e lo scimpanzé è inferiore all’uno e mezzo per cento.
La percezione
della completa appartenenza della nostra specie alla Natura doveva essere fonte
di grande serenità, ci ha liberato da un
peso opprimente. Ma così non è stato nella cultura occidentale, almeno per ora.
Nel linguaggio corrente, nell’etica, nelle leggi, l’idea di umanità è ancora contrapposta a quella
di animalità.
Nella
cultura occidentale, e perciò oggi in quasi tutto il mondo, la nostra specie è
vista ancora non come una parte della Biosfera, ma come un
elemento esterno, cui viene riferito
ogni valore. I cosiddetti “ambientalisti” dicono di “tenere pulita la nostra
casa”, conservare la Terra per le future generazioni, e così via. L’uomo è
sempre il riferimento ovvio. Invece oggi sappiamo che l’uomo non è nella situazione di abitante di una
casa, ma è come un insieme di cellule in un Organismo, da cui dipende
totalmente. L’Ecosistema Totale è un Organismo e non “l’ambiente dell’uomo”. Questa situazione non è stata ancora
recepita dalla filosofia occidentale: nessuna istituzione o associazione
ufficiale o norma civile ne tiene conto.
La
posizione “esterna” dell’umanità, esportata in tutto il mondo sull’onda della
tumultuosa espansione dell’Occidente, è il sottofondo di pensiero che ha
causato i gravissimi problemi che ci troviamo davanti. L’idea di uomo esterno e
al di sopra dell’Ecosistema ha causato anche la drammatica sovrappopolazione umana
che affligge la Terra e l’enorme crescita dei consumi degli ultimi due secoli.
I
mali del mondo sono stati causati dalla visione antropocentrica. L’unica vera
soluzione è abbandonarla: dobbiamo sviluppare una visione ecocentrica.
Invece del Dio-Persona distinto dal mondo e giudice
delle azioni umane, troviamo il Dio-Natura immanente in tutte le cose, e quindi
anche in noi stessi, che ne siamo partecipi. La Divinità osserva sé stessa
anche attraverso gli occhi di una marmotta, o di una formica, o l’affascinante
e misteriosa sensibilità di un albero.
In definitiva, l’Ecologia Profonda si
basa sulla situazione reale e su studi approfonditi di scienziati e filosofi,
come ad esempio:
Gregory Bateson,
Fritjof Capra, Rupert Sheldrake, Arne Naess, Konrad Lorenz, Ilya Prigogine (due
premi Nobel), Lynn Margulis, Gary Snyder,
Aldo Leopold, Jane Goodall, Frans de Waal, Irene Pepperberg,
e molti altri.
Riassumendo, abbiamo
parlato di queste tendenze:
- Mente e
materia non sono separabili;
- In tutti i sistemi complessi si ha l’emergenza di fenomeni
mentali;
- Le
biforcazioni-instabilità sono “scelte”;
- Il comportamento di un sistema complesso è completamente
imprevedibile oltre un certo orizzonte temporale, che è sempre una quantità
finita, poi avviene una scelta, il che significa la presenza di una mente in
tutte le entità naturali;
- Tutti gli esseri viventi sono sistemi complessi;
- Anche gli ecosistemi sono esseri senzienti;
- Esistono esseri collettivi;
- La
mente è ovunque. C’è un’ Anima nel Mondo;
- L’Inconscio collettivo è un Inconscio Ecologico che si estende
a tutti gli esseri senzienti e alle relazioni con tutto il mondo che qualcuno
chiama “inanimato”;
- Non esistono
confini precisi;
- L’Ecologia Profonda si basa su nuove tendenze del pensiero
scientifico e non è “misticismo”. L’aspetto spirituale è essenziale nella
visione del mondo dell’Ecologia Profonda.
Per approfondire:
www.macrolibrarsi.it/libri/__l-ecologia-profonda.php
www.mimesisedizioni.it/Eterotopie/L-ecologia-profonda.html
www.macrolibrarsi.it/ebooks/ebooks-ecologia-profonda.php?idsearch=2604376
Settembre 2014
IL NUOVO PARADIGMA
di Guido Dalla Casa
Generalità
Oggi sappiamo che:
Il paradigma attuale
Il paradigma entro il quale di norma vengono inserite attualmente le idee, le nozioni, le informazioni e le notizie si basa pressappoco su questi pensieri di fondo:
Un nuovo paradigma
Proviamo ad inserire le nostre nozioni in questo (nuovo) paradigma:
In questo paradigma si inseriscono, fra gli altri, due movimenti di pensiero: la Critica alla civiltà e l’Ecologia Profonda.
La Critica alla civiltà contesta gli ultimi diecimila anni (dall’inizio dell’agricoltura), l’Ecologia Profonda contesta gli ultimi tremila anni delle culture che hanno portato alla civiltà attuale globalizzata.
La Critica alla civiltà contesta ogni forma di istituzione, gerarchia, religione, scienza, filosofia, tecnologia, arte, viste come pericolose e dannose intermediazioni con il resto della Natura. L’Ecologia Profonda conserva una forma di scienza-filosofia che cerchi un’integrazione consapevole con il mondo naturale, sistema complesso anche mentale di cui facciamo parte.
Lascio a ciascuno il divertimento di meditare sulle conoscenze accennate all’inizio per vedere se sono meglio inseribili nell’attuale paradigma o in quello nuovo, con un
invito a rileggere la scala dei tempi.
Esempi
I concetti vengono trasmessi tramite le parole; il significato delle parole che si usano è determinante. Facciamo alcuni esempi:
Si continua a dire “l’uomo e la natura” come se fossero due cose distinte, se non addirittura contrapposte. Oggi sappiamo che l’uomo è Natura, è una specie animale, è completamente partecipe del fluire mentale-energetico-materiale dell’Ecosistema.
Si usa dire “l’uomo e gli animali” come se fossero due cose diverse; i termini umanità e animalità sono addirittura usati come antitetici. Quante volte si sente dire dai mezzi di informazione che quel tale delinquente “è un animale” “è una bestia” o simili espressioni, totalmente assurde.
Anche dire che la Natura (o un’entità naturale) è “patrimonio di tutti” o costituisce una risorsa da conservare sottintende una concezione fortemente antropocentrica. Così pure voler salvare un ambiente naturale per poterlo trasmettere “alle generazioni future”: sono tutte espressioni che considerano la centralità dell’uomo come ovvia.
Invece le parole devono essere adattate all’idea che qualunque entità naturale, e la Natura stessa, hanno un valore in sé, indipendente dalla nostra specie. Anziché “animali” o “bestie” diremo “gli altri esseri senzienti”, senza comunque impiegare alcun termine in senso negativo.
La parola civile, sempre impiegata con connotazioni positive, va evitata perché ha in realtà l’unico significato di “conforme ai principi dell’Occidente”.
Non esiste alcun “ambiente”: il termine deriva dall’idea di ambiente dell’uomo, cioè è impregnato dal fortissimo antropocentrismo della cultura occidentale. In sostanza si usa chiamare “ambiente” un Organismo Totale vivente-senziente, come se fosse un “contorno” di alcune sue cellule (la nostra specie).
E’ poi evidente che non è sufficiente preoccuparsi di preservare “il paesaggio”, ribadendo con questo termine che tutto quello che si fa è per allietare l’uomo, ma bisogna rendersi conto in modo molto più vitale e profondo di tutti i collegamenti fra qualunque elemento del Pianeta.
Si possono trasmettere le stesse nozioni ma in un altro quadro generale, con un linguaggio organicistico-olistico (non antropocentrico) ben diverso. Non è strettamente necessario modificare le nozioni attuali, almeno inizialmente.
Da un libro di Gregory Bateson
(Mente e Natura – Ed. Adelphi, 1984)
E’ una questione di obsolescenza. Mentre buona parte di ciò che si insegna oggi è nuovo e aggiornato, i presupposti o premesse di pensiero su cui si basa tutto il nostro insegnamento sono completamente superati. Mi riferisco a nozioni quali:
- Il dualismo cartesiano che separa la “mente” dalla “materia”.
- Lo strano fisicalismo che usiamo per descrivere e spiegare i fenomeni mentali: “potenza”, “tensione”, “energia”, “forze sociali”, ecc.;
- l’idea che tutti i fenomeni (compresi quelli mentali) possono e devono essere studiati e valutati in termini quantitativi.
La visione del mondo generata dall’insieme di queste idee è superata perché:
- dal punto di vista pragmatico queste premesse e le loro conseguenze portano all’avidità, a un mostruoso eccesso di crescita, alla guerra e all’inquinamento. In questo senso, le nostre premesse si dimostrano false ogni giorno, e di ciò gli allievi si rendono in parte conto;
- dal punto di vista intellettuale, queste premesse sono obsolete in quanto la teoria dei sistemi, la cibernetica, la medicina olistica, l’ecologia e la psicologia della Gestalt offrono modi manifestamente migliori di comprendere il mondo della biologia e del comportamento;
- come base per la religione le premesse che ho menzionato divennero chiaramente intollerabili e quindi obsolete circa un secolo fa.
Per approfondire l’argomento:
www.ariannaeditrice.it/vetrina.php?id_macroed=1404
www.mimesisedizioni.it/Eterotopie/L-ultima-era.html
www.mimesisedizioni.it/Eterotopie/L-ecologia-profonda.html
www.macrolibrarsi.it/libri/__l-ecologia-profonda.php
www.mimesisedizioni.it/Eterotopie/Liberi-dalla-civilta.html
www.macroedizioni.it/ebooks/ebook-l-039-ecologia-profonda.php
Agosto 2012 Guido Dalla Casa
* LA FORESTA di Guido Dalla Casa
Proviamo a camminare in un bosco. Cosa vediamo attorno a noi? Alberi,funghi, felci, scoiattoli, uccelli. Poi c’è l’aria, il soffio del vento che fa stormire i rami, ci sono il sole, il cielo, le nuvole; inoltre ci sono le relazioni fra tutti i componenti, che sono spesso più significative dei singoli viventi.
L’essere vivente deve respirare, le piante verdi devono ripristinare l’ossigeno, ciascuno deve mangiare, poi lascia dei residui che sono risorse per altri esseri. Quando un vivente muore, la materia che ne costituiva il corpo è di nutrimento ad altri. Come esempio, i funghi vivono sulle sostanze in decomposizione, l’erba e le altre piante vivono sulle sostanze di scarto degli animali. Tutto il complesso resta in sostanza ciclicamente simile a sé stesso, almeno se consideriamo i tempi che qui ci interessano.
Dagli studi sui sistemi e sugli esseri collettivi, sappiamo che, oltre un certo grado di complessità del sistema, si ha l’emergenza di fenomeni mentali. Il sistema “sceglie” la via da seguire dopo ogni biforcazione-instabilità: la via che verrà seguita è assolutamente imprevedibile, anche in linea teorica, sulla base di eventi precedenti avvenuti nel mondo energetico-materiale. Si tratta quindi di un fenomeno mentale.
Poiché tutti i viventi e gli ecosistemi sono sistemi altamente complessi, ne consegue che è corretto attribuire a tali entità la denominazione di “esseri senzienti”. Così è per una foresta, che ha una grande varietà di viventi e di relazioni organiche/inorganiche.
C’è un fluire di materia e di energia tra un vivente e l’altro e con il mondo inorganico, il terreno, l’humus, gli esseri piccolissimi. Non c’è alcun motivo per dubitare che ci siano anche scambi mentali. Il sistema foresta si mantiene in questo modo a tempo indeterminato senza grosse variazioni permanenti, a meno che ci siano azioni drastiche che lo fanno uscire dalle sue capacità di autocorreggersi. Il bosco si mantiene in modo autonomo, senza interventi esterni, a parte la necessità che venga rifornito continuamente di energia solare, che restituirà alla fine dei suoi processi: non può accumulare continuamente energia, altrimenti non sarebbe in condizione stazionaria, o vitale. Il flusso energetico è indispensabile, come in tutti i viventi, che sono “strutture dissipative”, cioè si mantengono in condizioni stazionarie lontane dall’equilibrio termodinamico attraverso un fluire di energia.
Anche la Terra nel suo complesso si mantiene in vita se il suo grado di biovarietà è sufficiente: ha bisogno solo dell’energia del Sole, che restituirà infine allo spazio cosmico. Gli umani sono una componente di questo sistema totale: possono vivere soltanto se si mantiene in vita il complesso di cui fanno parte.
La comunità di milioni di vite diverse del suolo, sia macroscopiche che microscopiche, fa parte integrante della vita del bosco, che si autosostiene. Invece, nei campi coltivati della civiltà industriale si impiegano grandi quantità di sostanze chimiche: fertilizzanti, antiparassitari, energia proveniente da molto lontano (prodotti petroliferi), e così via. Poiché il campo non ha una sufficiente varietà interna per autosostenersi, deve essere continuamente “mantenuto” con sostanze estranee molto pericolose. Questo accade da pochi decenni, cioè un attimo nella storia dell'umanità, che ha milioni di anni. Quando abbiamo distrutto una foresta, non illudiamoci che si possa rimediare con la “riforestazione”, anche se è meglio di niente: nessuna “piantagione” di alberi potrà mai costituire una foresta. Un campo e una piantagione non sono ecosistemi.
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